Sempre più spesso sento persone dire che, dopo la pandemia, la gente è più arrabbiata, più diffidente, più chiusa. È come se qualcosa si fosse incrinato nel modo in cui ci relazioniamo. Manca la fiducia, e al suo posto sono rimasti disagio, rancore e paura.
La mancanza di fiducia nasce proprio da lì: dalla paura. Ma non sempre ce ne rendiamo conto, perché spesso è una paura sottile, invisibile. Si insinua nei silenzi pesanti, nelle parole non dette, nelle ferite che abbiamo preferito ignorare, nella pretesa che gli altri facciano esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, nei bisogni disattesi, nella percezione che l’altro si stia muovendo per nuocerci.
E quando la paura cresce senza essere riconosciuta, si trasforma in qualcosa di più esplosivo: la rabbia.


Qualche giorno fa, guardando un programma in TV, mi sono trovata a riflettere su quanto sia diffusa questa dinamica. Persone che si interrompevano, che alzavano la voce, che non si ascoltavano davvero. Mi sono chiesta: cosa c’è dietro queste urla?
Ho provato fastidio. Non ho mai tollerato chi urla, perché le urla sono rabbia, e io con la rabbia ho sempre fatto fatica a farci i conti. Ma poi ho sentito anche tristezza: perché ho imparato cosa significa ascoltare davvero qualcuno, senza interrompere, con la voglia sincera di capire cosa sta cercando di trasmettermi. E mi sono chiesta: e se provassi a sentire empatia per queste persone?
Era evidente che chi urlava aveva paura. Paura di non essere ascoltato, paura di essere tradito, paura di non avere abbastanza valore. E più provavo a guardare la scena con occhi diversi, più mi rendevo conto di quanto sia importante il mio lavoro di counselor. Accompagnare le persone a sentire le proprie emozioni, ad accoglierle senza vergogna, a perdonarsi e a perdonare gli altri, è qualcosa di essenziale.
E mi sono chiesta anche un’altra cosa: cosa avranno sentito, a livello corporeo, quelle persone? Sicuramente la voce, dopo un po', si sarà abbassata. Ma il corpo? Saranno stati consapevoli delle tensioni nel loro petto? Delle mandibole serrate? Delle mani strette a pugno? Del respiro bloccato?
La rabbia si manifesta nel corpo con tensioni:
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La mascella si serra
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Le spalle si contraggono
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Il respiro si fa più corto
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Le mani diventano pugni
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Lo stomaco si chiude
Spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Ma il corpo racconta quello che la mente cerca di negare. Per questo, nel counseling e nelle discipline che integrano corpo, mente e emozioni , lavoriamo per aiutare le persone a sentire, riconoscere e trasformare la loro rabbia.
Nella mia professione utilizzo diversi strumenti per accompagnare le persone che si rivolgono a me per percorsi di counseling, strumenti che possono aiutare a vivere la rabbia in modi diversi.
La Bioenergetica: alcune esperienze corporee permettono di scaricare l’energia in eccesso attraverso il movimento, la voce e la respirazione. Rilasciare la tensione consapevolmente aiuta a non restarne intrappolati.
La Mindfulness: insegna a stare con la rabbia senza reagire automaticamente. Quando osserviamo l’emozione mentre si manifesta, possiamo scegliere come rispondere, invece di farci trascinare dall’impulso del momento.
🔹 BioEnneagramma®: ci aiuta a riconoscere il nostro modo abituale di reagire alla rabbia, alla paura e alla mancanza di fiducia. Ogni carattere ha una modalità diversa: c’è chi esplode, chi implora, chi controlla, chi si chiude. Conoscere il nostro schema ci permette di interrompere il ciclo reattivo e scegliere un modo più sano di esprimere ciò che sentiamo.

E se, invece di urlare, CI ascoltassimo?
Forse la prossima volta che sentiremo la rabbia salire, potremo fermarci un istante e chiederci: “Cosa temo in questo momento?”
Forse la risposta ci sorprenderà. E forse, invece di urlare, potremo finalmente ascoltare. Noi stessi e l’altro, con leggerezza.
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