Come il corpo ci insegna a mollare la presa e fare spazio

Ci ho messo anni, ma come dice qualcuno “Meglio tardi che mai!”, a capire che lasciare andare non significa perdere.
Per molto tempo ho pensato che mollare fosse un fallimento, un po’ come dire: “Non ce l’ho fatta”; poi ho capito che trattenere mi faceva peggio, ma soprattutto ho capito che nel momento in cui smettevo di stringere, finalmente tornavo a respirare.
Non è stato facile: il giudice interiore bussava ogni volta alla porta: “Se lascio andare, cosa succederà, cosa penseranno di me, varrò meno?”.
Ma col tempo ho imparato che lasciar andare è un gesto di fiducia, di presenza, di consapevolezza, un atto d’amore verso me stessa.
Quante volte ti sei sentita intrappolata in qualcosa che non ti faceva più stare bene?
Ma hai continuato a stringere anche quando le mani ti facevano male, hai mantenuto relazioni che ti svuotavano, ruoli che non ti rappresentavano più, ma non hai mollato la presa, come se lasciar andare fosse sinonimo di disfatta, e hai continuato a stringere…
In questo articolo condivido alcune riflessioni sul lasciar andare, come gesto di consapevolezza e libertà.
Una pratica profondamente connessa alla mindfulness e alla capacità di accogliere ciò che siamo, anche quando cambiamo pelle.
Una pratica profondamente connessa alla mindfulness e alla capacità di accogliere ciò che siamo, anche quando cambiamo pelle.
Tra i 7 pilastri della mindfulness, lasciar andare per me occupa un posto speciale, è l’invito a non restare incastrata nei pensieri, nei giudizi, nei vecchi copioni, non si tratta di “scappare”, ma di smettere di combattere, di accogliere e di smettere di stringere.
Nella pratica, lasciar andare è riconoscere che stai trattenendo qualcosa che non ti fa stare comoda per poi scegliere di non farlo più.
Richiede una qualità di presenza profonda, perché spesso non sei nemmeno consapevole di cosa stai trattenendo.
Altro tema cruciale è che dietro la fatica a lasciare andare c’è spesso il controllo e dietro il controllo c’è il perfezionismo.
Quel bisogno di avere tutto sotto controllo per paura che, se molli, le cose si rompano.
Perché se non sei perfetta, allora chi sei?
Perché se lasci andare, cosa rimane?
Ma forse è proprio lasciando andare il bisogno di essere “giusta”, “migliore”, “a posto” che puoi finalmente respirare.
E ancora, lasciare andare, a volte, significa riscrivere la propria identità, lasciare un lavoro che non parla più di te, o una relazione che non ha più un senso, un progetto in cui ti senti identificata.
E non è semplice, perché ti chiedi: Se non sono più questa cosa, chi sono?

Ma l’identità non è una gabbia! È un processo.
E come il corpo cambia, anche la tua identità può trasformarsi, ogni “lasciare” è anche un “fare spazio”, ogni chiusura è una nuova apertura.
Lo so ripeto sempre le stesse cose, ma impara ad osservarti e a sentire il corpo, le risposte le trovi qui: è la tua prima spia che si accende quando tratteni le tensioni, quando non lasci andare senti le spalle contratte, senti il collo rigido, lo stomaco si chiude.
E non sai perché, ma il corpo ricorda e puoi liberarlo: lasciare andare può iniziare con un respiro profondo, con un pianto, con un movimento.
Non sempre serve capire tutto con la testa, il corpo ti parla, puoi imparare ad ascoltarlo.
Lasciare andare è un atto di fiducia.
Non è perdere. È trasformare.
È dire: non ho bisogno di stringere per sentirmi al sicuro.
È aprire le mani… e scoprire che a volte, quando molli la presa, finalmente ti ritrovi.

Se vuoi iniziare a sperimentare cosa vuol dire lasciar andare ti propongo un piccolo esercizio.
Mettiti in piedi, ed inizia a irrigidire ogni muscolo del tuo corpo:
Le mani sono serrate a pugno, le braccia contratte, le spalle si sollevano fino quasi alle orecchie.
Il viso si irrigidisce, la mascella stringe, anche le gambe e i piedi si fanno duri, ancorati a terra.
Tieni, trattieni.
Tieni tutto, come se dovessi trattenere il mondo intero.
Tieni fino a che senti che non ce la fai più, il respiro è sempre più corto, trattenuto anche lui.
Poi… lascia andare…
Un piccolo gesto, e tutto cambia.
Le spalle si abbassano, la mandibola si rilassa, le dita si aprono, il respiro torna a scendere, profondo.
Ti sei accorta di quanto fossi in apnea, di quanto fossi contratta?
E ora, nel rilascio, senti un’onda sottile che attraversa tutto il corpo, una specie di gratitudine, una pace morbida, quasi liquida.
E’ anche questo il lasciar andare: accorgersi di quanta fatica c’è nella tensione, e scegliere di mollare la presa.
E ora, ascolta cosa cambia dentro di te! Sono emerse emozioni, se sì quali?
🌿 Ti va di raccontarmi cosa stai lasciando andare, o cosa ti è difficile mollare?
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💌 E se pensi che queste parole possano servire a qualcuno, condividile. A volte basta una frase al momento giusto per iniziare a respirare.
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